mercoledì 30 gennaio 2013

FEDERICO ARU

Cari followers, questa sera vi presento un autore conterraneo. Federico ha scritto un romanzo filosofico che ho letto con interesse in pochi giorni. Ammetto che solitamente sono rapida nelle letture, ma il romanzo di Federico l'ho letto con attenzione e interesse, perdendomi molto spesso in profonde riflessioni.

Buonasera, ti ringrazio per la tua presenza, comincia parlando di te, come ti descriveresti?

Ciao. Per descrivermi dovrei aspettare ad essere vecchio; a quando, cioè, la mia vita avrà meno futuro davanti e più passato dietro. Per ora, auspicandomi che sia esattamente il contrario, più che descrivermi proverei a dire ciò che sono in questo momento: un ragazzo di 28 anni che vorrebbe farsi conoscere per quello che pensa, per come pensa e per ciò che dalla sua mente trae vita. Non è facile, certo. Non lo è perché non posso presupporre che altre persone possano trovarlo interessante. Eppure, conoscendomi e sapendo quanto è difficile emozionarmi, posso dire che il mio scrivere talvolta sorprende me stesso. Questo è l’aspetto più incredibile, più profondo e misterioso: perché accade che ci si emoziona attraverso le proprie storie, le proprie idee e i propri pensieri? Normalmente sono gli altri che “ci emozionano”, gli altri che non siamo noi! Gli scrittori hanno questo di speciale: il sapersi emozionare attraverso se stessi, cioè il saper creare l’emozione dal caleidoscopio delle proprie sensazioni. E, così facendo, apre se stesso al mondo: tutto lo tocca, tutto lo stimola, tutto pare provocargli sdegno, ammirazione, fascino, paura, speranza, etc.; ma mai indifferenza. Questo, appunto, è uno scrittore. Credo che sia un buon modo di “descrivermi” per come sono. In questo momento della mia vita.

Cosa ti ha spinto a far parte del “mondo degli scrittori” ?

Tutto è iniziato per caso. Una sera di cinque anni fa mi venne in mente di prendere un foglio e una penna; il computer non l’avevo sotto mano. Cominciai a scrivere e scrivere, come se la mia mente avesse soggiogato la mano. La prima frase che stesi fu: “Sai, vorrei scrivere un romanzo sul nulla”. Una frase criptica ma traboccante di emozione, una frase che sarebbe scoppiata dentro di me in mille altre parole. Così nacque Mi ami?, il mio primo romanzo. Dopo circa quattro anni di peripezie è diventato un libro; e da allora ho amato questo mondo, perché non potevo più farne a meno. Vi vedevo troppo per non tuffarmici a capofitto! E da allora scrivo e scrivo…

Come ti senti quando scrivi? Ti capita di essere travolto dalle emozione e sentire il bisogno di metterle nero su bianco?
Quando ho in mente una storia, normalmente passo mesi interi a costruirla nella mia mente. La devo “vedere”, per così dire, e “vivere” dentro di me prima di trasformarla nelle pagine di un testo. Questo lavoro non sempre è emozionante, ma faticoso. Quando decido di chiamare in causa la tastiera del mio computer tutto cambia: c’è passione, emozione, ansia, trepidazione. Mi sorprende soprattutto il fatto che le vicende dei personaggi, pur nascendo da me, non dipendano necessariamente da me. Forse è proprio questo il segreto dell’emozione: i personaggi sono “altri” rispetto al loro scrittore, uomini e donne fatti di idee e fantasia che lo scrittore impara a conoscere piano piano, nel farsi della storia. Tuttavia, il momento più emozionante arriva quando scrivo gli ultimi capitoli, quelli che normalmente svelano tutti i nodi della vicenda. Allora riesco a dare il meglio di me, riesco a sprofondare nella vita dei personaggi che non sono più “sconosciuti”, pur rimanendo “altri”. Loro diventano i miei più cari amici, potrebbero fidarsi di me e io di loro. Se esistessero davvero, sono convinto che ci comprenderemmo reciprocamente. Questo è l’aspetto più emozionante, ma credo che ogni scrittore viva questo genere di esperienza.

Parlaci del tuo romanzo, hai tutto lo spazio necessario per descriverlo e per dirci dove trovarlo!
Nel marzo del 2012 è uscito, per l’editore Il Rovescio, il mio primo romanzo: Mi ami?. Di come l’abbia concepito vi ho già parlato poco sopra, ora vi parlerei dei suoi sviluppi. C’è un Lui, c’è una Lei. O forse no, forse i punti di riferimento non sono abbastanza chiari e l’identità dei personaggi potrebbe essere vaga. Non ci sono nomi, né luoghi, ne tempi. Tutto sembra avvenire in un luogo “qualunque” e in un tempo “qualunque”, tutto potrebbe riguardare chiunque, tanto lo scrittore quanto il lettore. Da una domanda – che infatti dà il titolo al romanzo – il protagonista comincerà a ricordare una storia d’amore: com’è nata, come si è sviluppata e come poi è finita. O forse non è mai finita? Non sarà che anche questa certezza dovrà essere, inevitabilmente, abbandonata? Chi è veramente Lei? Il romanzo è stato un modo per riflettere su alcune convinzioni filosofiche che mi hanno interessato (e che ancora mi interessano): l’essenza del tempo e dei suoi “attimi irripetibili”. 

Chi fosse interessato, può trovarlo su tutte le librerie on-line, come Amazon, Unilibro, Feltrinelli.it, Ibs, etc.; ma soprattutto sul sito dell’editore Il Rovescio: www.ilrovescioeditore.com. Buona lettura!

Nell’introduzione del mio blog parlo di una strada difficile, scoraggiante ma piena di sogni, passione e forza di volontà, come ti senti ad essere esordiente e qual è la tua “aspirata destinazione”?
La strada da percorrere per diventare scrittori è, allo stesso tempo, facile e difficile. È facile se prendiamo in considerazione l’ispirazione e la passione (oltreché una buona dose di conoscenza; bisogna studiare un po’, faticare per imparare, per conoscere e per correggere gli innumerevoli errori che sono sempre in agguato); è difficile se prendiamo in considerazione la disponibilità dell’editoria a puntare sulle nuove proposte. Si può tentare, almeno inizialmente, la strada degli editori a pagamento (i cosiddetti EAP), ma prima o poi bisogna rendersi conto che, volenti o nolenti, l’aspirazione dev’essere quella di farsi notare da editori meglio distribuiti, che non chiedono soldi agli autori ma che decidono di puntare su di loro e sul loro talento. Il problema è che gli editori meglio piazzati sul mercato non pubblicano opere di esordienti, salvo rarissimi casi. Tutto è legato al business che deriva dalle inclinazioni del pubblico di massa, che, com’è noto, si lascia spesso e volentieri influenzare dai grandi “fenomeni del momento”. Vorrei qui esprimere un concetto molto chiaro: chi fa il mercato del libro non è l’editore, ma il lettore! Quando il pubblico comincerà a trovare interessante scoprire nuovi talenti, gli editori andranno a caccia di nuovi talenti. Ma fino a quando il pubblico troverà interessante il gossip, il sensazionale, la news, il “caso editoriale”, il “per-sentito-dire”, il mediatico allora gli scrittori che sfonderanno saranno quelli che meglio risponderanno a questi requisiti. Non è di per sé un male; c’è anche qui una buona letteratura, se la si sa cercare. Ma resta il fatto che l’editoria non può che assecondare la richiesta del mercato. Non si pubblica un romanzo senza una stima di vendita, che di solito si basa su analisi quantitative (quanti lettori potrebbero trovare interessante quest’opera?) e non su analisi qualitative (che cosa potrebbero trarre i lettori da quest’opera?). Scambiare l’ordine di questi due fattori significherebbe spalancare le porte a chissà quanti bravi e interessanti esordienti, che, malgrado il loro talento, sono avvolti dall’ombra dell’anonimato.


Condivido il tuo punto di vista riguardo i lettori. Sono dell'idea che gli editori puntino con maggior riguardo libri di autori stranieri che hanno già un bagaglio di vendite alle spalle. Diciamo che non esiste più il concetto del rischio dell'imprenditore.
Cosa consiglieresti ad una persona che come te ha un sogno importante ma il cammino è lungo e scoraggiante?
Non mi sento ancora in grado di dare buoni consigli. Faccio ancora parte di quel folto gruppo di aspiranti che sono immersi nell’anonimato, sebbene abbia già pubblicato. Quello che so, per esperienza personale, è che non bisogna aver fretta! Non bisogna gettarsi nelle mani del primo che capita, se questo primo non promette altro che illusioni. Aspettare è frustrante; ma saper-aspettare è una dote che spesso premia. Ragion per cui non ho affidato il mio nuovo romanzo ai soliti editori: leggendolo e correggendolo infinite volte, l’ho pian piano spedito ad una cerchia di editori che potrebbero trovarlo interessante. Senza pretese, senza aspettative. Scegliere l’editore in base alle sue linee editoriali è fondamentale. Il sogno di una pubblicazione è connaturato all’essenza di uno scrittore: non scriviamo per noi stessi, come se fossimo delle specie di “ermafroditi dell’intelletto”; scriviamo affinché altri possano emozionarsi attraverso le nostre idee. Ma bisogna saper-aspettare…

Ritieni importante avere un rapporto con persone che hanno in comune con te la stessa passione?
Di questo ne parlavo da pochissimo con uno scrittore ben più affermato di me. Si, è fondamentale. Sono addirittura molto attirato dall’idea di scrivere “a quattro mani”. Secondo me, questo è un modo più efficace per farsi conoscere e per migliorarsi.

Hai dei progetti in corso?
Si, ho un nuovo romanzo nel cassetto che si intitola Sulla scia del vento. Il tema che ho voluto trattare è quello del perdono, affrontandolo col solito piglio filosofico che caratterizza la mia scrittura e accarezzando le pagine di filosofi come Benjamin e Bloch. Il romanzo si apre alla speranza, alla possibilità di ricucire gli strappi di dolore che i nostri ricordi continuamente allargano. Come affrontare i nostri ricordi? Che cosa sono i ricordi? Cosa pretendono da noi? “Ricordare” il passato significa farlo rivivere nel presente, perché ancora ha qualcosa da dirci. Spesso noi non vogliamo ascoltare la voce dei nostri ricordi e ci limitiamo a scorrerli con l’immaginazione. No, ricordiamo perché il nostro passato non è ancora del tutto pago; diversamente noi “penseremmo” al nostro passato, senza “ricordarlo”. Ossia lo guarderemmo dimenarsi dentro una gabbia, senza temere che ci salti addosso per ferirci o divorarci.

Un messaggio a tutti gli scrittori esordienti:
Scrivere è un modo per conoscersi meglio. Un modo per scoprire quello che si è e che a volte si ha la paura di ammettere a se stessi. Scrivere a volte fa male, fa piangere. Ma tante volte è piacevole, fa emozionare. Siccome non c’è vita senza emozione, o almeno non ci sarebbe una vita “umana”, allora non bisognerebbe mai lasciare in disparte le proprie idee e i propri progetti. Scrivere per migliorarsi sempre; perché chi si migliora si mostra migliore, come se emanasse più luce. È vero: viviamo in un mondo che è “moderno” anche perché è “pieno di luci”, e distinguersi in questo caos di lampadine non è facile. Ma c’è una differenza: la luce di un sole è ben più calda, più brillante ed avvolgente di quella prodotta artificialmente! Siate dunque voi stessi, siate dei soli e non delle lampadine. L’artificio verrebbe inesorabilmente oscurato dalla luce di chi scrive spontaneamente

Vuoi concludere con una citazione di una tua opera?
Talvolta accade che tutto il passato si svolga davanti aituoi occhi, intrecciandosi col presente e sfiorando il futuroquel tanto che basta per farteli spalancare. Vederti già vecchioaccarezzare il volto di te stesso ancora bambino, meravigliartidi ogni cosa che ti riguarda come se avesse un sensoche allo stesso tempo ti trascende, per poi infine richiuderli,i tuoi occhi, nascondendoli all’universo fisico ma non a quellodella coscienza; ecco un attimo del tempo.
Così tutto appare chiaro, evidente, certo. Tutto assumele sembianze immediate di una forma, di un sapore, di unsuono, di un odore o di un colore. Ed allora capita che unpugno di parole sia in grado di scatenare nell’anima una tempestadi fronte alla quale i ricordi, che giacciono calmi sulfondo della coscienza, si risollevano all’improvviso comeun’onda che si infrange sulle pareti di uno scoglio, spandendodappertutto l’eco pietoso del rimorso e della disperazione.Eppure, se tutto questo non può che generare un grandee doloroso frastuono nella mente, sembra allo stessotempo depositare, goccia dopo goccia, una strana ed indescrivibiledolcezza nel cuore; ecco l’emozione (F. Aru, Mi ami?).


Ti ringrazio per la tua presenza e ti auguro buona fortuna per il tuo prossimo romanzo!







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